Con la interessante decisione del Tribunale di La Spezia, resa in un procedimento d'urgenza e depositata il 14 novembre 2017, è stata ribadita, nelle controversie in questione, la legittimazione passiva del MIUR e dei contro interessati e non anche degli Uffici scolastici regionali e locali, poiché tali Uffici costituiscono mere articolazioni territoriali del Ministero.
Il Tribunale, poi, ha confermato la competenza del giudice del lavoro, essendo la ricorrente pubblico dipendente "privatizzato", in quanto docente su posto comune di scuola primaria, "in servizio nel Circondario di questo Ufficio giudiziario" (artt. 2, 63, d.lgs. n. 165 del 2001, t.u. sul pubblico impiego; art. 413, 5º comma, c.p.c.).
Nella fattispecie in esame il Giudice del lavoro di La Spezia (dottor G. Panico) ha ricordato che sussiste il "diritto del lavoratore all'avvicinamento" nel caso di necessità di prestare tutela ad un familiare disabile, come indicato dall' art. 33 della L. 104/1992 il quale al comma 5 stabilisce testualmente "il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede".
Da ciò si ricava, per il provvedimento richiamato, che "la scelta della sede non è un diritto assoluto del lavoratore", ma un diritto che va "contemperato con altre esigenze, egualmente rilevanti" e considerate dalla legge, nella specie quelle connesse alle necessità tecnico-organizzative di parte datoriale (Cass. 18 feb. 2009, n. 3896, Id. 20 set. 2012, n. 15873).
Un contemperamento che, se legittimo in linea di principio, non appare però correttamente declinato dal censurato art. 13, capo V, C.C.N.I. 2016, laddove, per il docente che assiste il familiare disabile in qualità di «referente unico», immotivatamente limita la precedenza alla sola fase "A" della mobilità, con esclusione delle altre (tra le quali la "C", cui ha preso parte la ricorrente, nel caso trattato dal Tribunale).
Ebbene, per il Giudice del lavoro "potrebbe anche osservarsi che tale limitazione non è immotivata, ma risponde ad esigenze relative all'organizzazione ed al funzionamento dell'istituzione scolastica", sennonché, a cosí opinare, "si finirebbe per sbilanciare il contemperamento degli interessi dando una inammissibile ed eccessiva preponderanza a quelli organizzativi del datore di lavoro rispetto a quelli, attinenti alla sfera della persona" (e discendenti dalle stesse disposizioni costituzionali: v. artt. 2, 29, 32, ecc.), propri del lavoratore che assiste il familiare disabile in condizioni di gravità.
"In tali termini si pone anche il successivo art. 14, ribadendo che il docente può far valere la precedenza soltanto all'interno della fase di mobilità cui partecipa".
Cosí impostata la questione, appare condivisibile quella parte della giurisprudenza di merito che ha ritenuto la nullità di siffatte parti del C.C.N.I., poiché sacrificano oltre misura quegli interessi attinenti alla persona che sono protetti dall'art. 33, commi 5, 6 e 7, L. n. 104 del 1992 e che "debbono essere bilanciati con quelli propri del datore di lavoro nei limiti tracciati dalla stessa norma di legge e non oltre".
Va altresí ricordato che i principi di cui all'art. 33 della L. n. 104, sono sicuramente applicabili anche nel Comparto Scuola; infatti, l'art. 601, d.lgs. n. 297 del 1994, sancisce che «1. Gli articoli 21 e 33 della legge quadro 5 febbraio 1992, n. 104, concernente l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate si applicano al personale di cui al presente testo unico. Le predette norme comportano la precedenza all'atto della nomina in ruolo, dell'assunzione come non di ruolo e in sede di mobilità».
Per il Tribunale, in definitiva, ne consegue che le "precitate disposizioni del C.C.N.I. vanno ritenute nulle e disapplicate per contrasto con le norme di legge"
Avv. Ottavio Pannone