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Il Tribunale di Palermo condanna Glovo a reintegrare il lavoratore a tempo indeterminato ed al pagamento delle differenze retributive.


Una sentenza storica per i rider arriva dal Tribunale di Palermo. E’ infatti la prima volta che viene imposto ad una azienda di food delivery di assumere un fattorino con contratto di lavoro subordinato a tempo pieno ed indeterminato.

Non solo. L’ azienda multinazionale spagnola operante in Italia con il marchio “Glovo” dovrà applicare i minimi salariali previsti dal contratto collettivo nazionale del settore terziario garantendo uno stipendio fisso.

La vicenda del rider e la sentenza

 Il dipendente M.T. iniziava il suo rapporto con Glovo nel marzo 2018, e nel corso del processo dimostrava di aver lavorato per circa dieci ore al giorno, venendo però pagato a consegna.

Nel mese di marzo 2020, a seguito di pur legittime richieste avanzate alla società di fornitura di DPI e di applicazione di condizioni di lavoro più trasparenti, il lavoratore veniva disconnesso dalla piattaforma digitale (e di fatto licenziato).

Il rider, privato della possibilità di continuare a lavorare, impugnava la condotta datoriale quale licenziamento orale e ritorsivo.

Il lavoratore deduceva che il sistema organizzativo imposto unicamente dalla società attraverso la piattaforma, non consentiva alcuna autonomia ed infatti,  solo accedendo alla medesima e sottostando alle sue regole il rider poteva svolgere le prestazioni di lavoro; pertanto l’intera attività veniva gestita e coordinata esclusivamente da Glovo.  

Sulla base di tali considerazioni, il dipendente chiedeva al Giudice il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato in quanto tutta l’attività veniva dettagliatamente organizzata dalla società, che disponeva anche di un importante potere disciplinare, applicando atipiche sanzioni per i rider che non rispettavano il modello organizzativo imposto.

Ebbene, il giudice del Tribunale di Palermo, dopo aver proposto in via conciliativa la reintegra del lavoratore, ai fini della qualificazione del rapporto si è rifatto ad una recente giurisprudenza sia della Corte di Giustizia Europea, sia della Suprema Corte Spagnola; e cioè per stabilire se i lavoratori delle principali piattaforme digitali siano  autonomi o subordinati occorre valutare se l’indipendenza del lavoratore sia soltanto apparente e sia di fatto esistita una subordinazione.

Il Giudice del Tribunale di Palermo, inoltre, richiama la famosissima sentenza della Cassazione n. 1663/2020 (sul caso Foodora), la quale ha rimarcato che siffatto accertamento sia influenzato “in modo decisivo dalle modalità effettive di svolgimento del rapporto, da come le stesse siano introdotte in giudizio, dai risultati dell'istruttoria espletata, dall'apprezzamento di tale materiale effettuato dai giudici del merito, dal convincimento ingenerato in questi circa la sufficienza degli elementi sintomatici riscontrati, tali da ritenere provata la subordinazione; il tutto con esiti talvolta difformi anche rispetto a prestazioni lavorative tipologicamente assimilabili, senza che su tali accertamenti di fatto possa estendersi il sindacato di legittimità.”.

Seguendo questo orientamento il Tribunale di Palermo, con la recente sentenza del 24 novembre 2020, ha ritenuto che aldilà dell’apparente libertà del rider, l’organizzazione del lavoro esclusiva della società, a mezzo della piattaforma digitale, anche attraverso poteri di direzione e controllo, “costituiscono elementi costitutivi della fattispecie del lavoro subordinato ex art. 2094 c.c..”; inoltre, acclarato che il ricorrente fosse stato licenziato oralmente, ha condannato la società alla reintegrazione.

Pertanto, in seguito alla pronuncia del Giudice, la società è ora obbligata a reintegrare il lavoratore con un contratto di lavoro subordinato a tempo pieno ed indeterminato. In più, Glovo è stata condannata a pagare una indennità risarcitoria, oltre la somma di 13mila euro a titolo di differenze retributive.

Avv. Marco Pannone